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ritmo anormale o irregolarità del battito cardiaco. Può causare sintomi come palpitazioni. Ne esistono vari tipi (es. extrasistoli, fibrillazione atriale, ecc.).
quando l'ipertrofia è maggiormente localizzata all'apice, cioè alla punta, del ventricolo sinistro.
il principale vaso sanguigno che esce dal ventricolo sinistro e porta il sangue dal cuore al resto del corpo.
una cura che serve a ridurre la possibilità di coagulazione del sangue. Deve essere usata quando c'è il rischio di formazione di un trombo, per es. quando è presente fibrillazione atriale. I farmaci usati richiedono un periodico controllo del sangue.
si effettua con un cateterismo cardiaco. Permette di visualizzare le cavità cardiache, mediante l'iniezione di un liquido speciale.
dolore al torace che di solito si manifesta sotto sforzo e si riduce o scompare con il riposo. Deriva da una insufficiente quantità di ossigeno fornita al muscolo cardiaco..
Stefano Benussi e la fibrillazione atriale
Buongiorno a tutti, mi chiamo Stefano Benussi. Sono un cardiochirurgo, da sempre appassionato di fibrillazione atriale.
Sono stato subito fiero del forum, vedendo come decollava grazie alla vostra vivacità.
La numerosità dei messaggi e la varietà delle esigenze e delle idee che ne nascevano erano indice di quanto voi Pazienti aveste bisogno di informazione e di interazione.
E' vero che, per problemi di tempo, capita che non riesca ad aprire fibrillazioneatriale.it per giorni, e che spesso rispondo in ritardo.
Avendo però messo a disposizione dei visitatori una sezione "contatti", non ho mai ritenuto di dover intervenire nel flusso delle vostre comunicazioni. Questo é il vostro forum e per quanto vi si tenessero discussioni interessanti, non mi é mai parso opportuno punteggiarle di miei interventi tipo “padrone di casa”.
Corrisponde al vero che nel campo della FA vi sia ancora una grande percentuale di ignoto. Forse é il motivo per il quale solleva tanto interesse tra i colleghi del settore. Sull'ablazione ci sono però alcuni punti abbastanza chiari:
- Quale che sia la causa, un intervento ablativo completo, che oltre ad isolare le vene polmonari divida entrambi gli atri in aree più piccole con delle linee ablative "a tutto spessore" é in grado di curare pressocchè ogni forma di FA, anche quella cronica, in oltre il 90% dei casi, a + di 10 anni di distanza. Questo però é un intervento a cuore aperto, la "Maze Operation" (vd sito), e quindi non è semplice estenderne i benefici a pazienti senza altri disturbi cardiaci, magari giovani e senza sintomi. Potrebbe stupirvi sapere che in realtà facciamo qualcosa di molto simile alla Maze nei pazienti con FA, sottoposti ad altri interventi a cuore aperto con eccellenti risultati.
- L'ablazione transcatetere (della quale, come chirurgo, non mi occupo direttamente), ha cercato di riprodurre una parte delle linee ablative della Maze per via endovascolare, endocavitaria con il vantaggio di non richiedere l'intervento chirurgico, ma con gli ovvi limiti del caso:
* Le linee prodotte non sono sempre continue ed impermeabili all'impulso elettrico (sono infatti il risultato di una serie di ablazioni puntiformi
ravvicinate)
* Non tutte le linee della Maze sono riproducibili per via percutanea.
Vi sono degli elementi incoraggianti:
- La grande maggioranza dei “trigger” (fino a + del 90%) o punti di origine della fibrillazione atriale, soprattutto se parossistica, sono in
corrispondenza od in prossimità della congiunzione tra lo sbocco delle vene polmonari e l’atrio sinistro.
- L’ablazione percutanea con radiofrequenza unipolare delle vene polmonari, quando tecnicamente fattibile in maniera completa (vd limitazioni riportate sopra) e quando di efficacia duratura è veramente curativa in una percentuale elevata di casi.
- Nonostante i detti elementi di incertezza detti sopra, vi è generale consenso sul fatto che i casi che non risultano curati per via percutanea
* non abbiano ricevuto un efficace isolamento delle vene polmonari, ovvero che l’isolamento ottenuto “in acuto” non sia durato nel tempo e/o
* abbiano un trigger/origine in qualche zona atipica del cuore e/o
* per il quadro più complesso dell’aritmia – più spesso quando persistente o permanente e quindi continua – oltre ad isolare le vene polmonari, per eliminare i trigger, è anche necessario impedire che l’aritmia si possa perpetuare. Per ottenere ciò sono necessarie delle linee di ablazione aggiuntive, che conettano le polmonari isolate ad altre strutture e che, in generale, suddividano gli atri (fibrillanti) in una serie di corridoi comunicanti, abbastanza stretti da impedire circuiti elettrici circolari o “da rientro” (o fibrillatori), ma che consentano una progressione lineare sincrona dell’impulso elettrico. Anche queste linee sono abbastanza difficili da ottenere con i cateteri puntiformi dell’ablazione percutanea.
In questo contesto entra in gioco il cardiochirurgo: vi sono nuovi strumenti chirurgici in grado di eseguire delle linee ablative continue, impermeabili all’impulso elettrico e durevoli nel tempo, gli ablatori a radiofrequenza bipolare. Con questi è oggi possibile
* isolare l’area delle vene polmonari dall’esterno del cuore, a cuore battente (quindi non è un intervento a cuore aperto), virtualmente in tutti i pazienti, con una incisione minima sulla parete toracica. Attraverso la stessa incisione è possibile di solito chiudere o resecare l’auricola sinistra che è sede di partenza del 90% delle tromboembolie (ictus) nei pazienti con FA isolata (cioè in assenza di altre patologie cardiache).
* praticare l’intero schema ablativo della Maze operation sostituendo le incisioni chirurgiche che rendevano così laboriosa (e quindi rischiosa) la procedura, con una decina di ablazioni della durata di pochi secondi e riducendo la durata dell’intervento a poco più di un ora. Tenendo presente che la Maze è oggi pur sempre una procedura a cuore aperto.
Giova ripetere che il primo tentativo terapeutico nei pazienti affetti da fibrillazione atriale è la terapia medica. E che non è di solito accettato fare di più nei pazienti asintomatici. E gli altri? Quelli che “sentono” ogni episodio, che praticano sport o che viaggiano per lavoro? Quelli che hanno degli eventi neurologici, a volte nonostante la terapia antitrombotica? E’ comprensibile scegliere come prima opzione l’ablazione percutanea, che alcuni praticano oggi in anestesia locale. Ma quando (per i suddetti motivi) questa non funziona? Nessuna delle suddette procedure è scevra da un certo rischio periprocedurale. E’ sensato ripeterle 3,4,9 volte?
Il nostro messaggio finale é che esiste qualcosa di interventistico in grado di curare la FA con estrema efficacia in tutti i pazienti. Bisogna ovviamente valutare caso per caso il rapporto rischio-beneficio delle procedure necessarie. Questo soprattutto perché, con gli strumenti oggi a nostra disposizione siamo in grado di consentire una probabilità di cura completa > 90% (senza farmaci), ma solo a patto di non ricorrere a scorciatoie: Un paziente con FA parossistica o persistente di relativamente recente insorgenza può aspettarsi tale risultato da un isolamento delle vene polmonari con RF bipolare; ma un paziente con FA permanente (continua) o persistente da troppi mesi può avere buone (anche ottime) chances di cura solo con una Maze III completa (quindi a cuore aperto).
L’intervento chirurgico MAZE III per la soluzione della Fibrillazione Atriale
Nel video un intervento di ablazione chirurgica denominato MAZE III
http://youtu.be/gy9y229iSOE
L’intervento chirurgico consiste nel creare una serie di incisioni nella parete atriale e poi risuturarle. Queste linee di sutura, cicatrizzandosi, creano un isolamento elettrico che impedisce il formarsi dei circuiti di riverbero, e costringono l’impulso a seguire un percorso obbligato dall’alto verso il basso. Gli echi elettrici spurii vengono inviati verso percorsi ciechi, dove si esauriscono. Il risultato e’ la creazione di un labirinto (dall’inglese maze = labirinto) che ripristina il ritmo normale del battito cardiaco.
La procedura chirurgica consiste nella creazione di un labirinto, con un solo circuito che conduce dal nodo senoatriale (in alto a sinistra) al nodo atrioventricolare ed ai ventricoli (in basso a destra); Le frecce sottili indicano i percorsi ciechi che intrappolano gli impulsi spurii ed impediscono la formazione dei circuiti riverberanti. La distribuzione delle incisioni sulla superficie del cuore e’ complessa. Questo disegno ne mostra alcune sulla superficie posteriore del cuore, mentre altre sono all’interno.
Il trattamento chirurgico non e’ necessario in tutti i pazienti con fibrillazione atriale. Molti convivono tranquillamente con questa aritmia, e i loro sintomi sono ben controllati da una terapia adeguata. In altri casi, il cardiologo puo’ riuscire con speciali cateteri a “bruciare” delle zone all’interno del cuore e ricreare almeno in parte le incisioni per bloccare gli impulsi irregolari. Vi possono pero’ essere pazienti che sono molto disturbati da questa aritmia e che per un qualche motivo non riescono a sopportare le terapie necessarie, oppure che comunque devono essere operati per una sostituzione valvolare. In questi pazienti la “Maze Procedure” puo’ essere indicata. Inoltre, quando un paziente ha un incidente cerebrovascolare secondario ad un coagulo che si e’ staccato dall’interno del cuore, corre un rischio maggiore di avere un secondo incidente cerebrovascolare (TIA o ictus). Anche in questi pazienti puo’ essere indicato l’intervento chirurgico.
Alcuni pazienti possono necessitare dell’impianto di un pacemaker nel periodo postoperatorio, questo e’ dovuto al fatto che in alcuni casi di fibrillazione atriale cronica il nodo senoatriale (cioe’ il pacemaker naturale) cessa di funzionare.
La Maze Procedure è stata applicata per la prima volta nel 1987, su pazienti affetti da fibrillazione atriale isolata, e i primi risultati dopo 3 mesi di follow up dall’intervento nei 65 pazienti trattati sono stati eccellenti: in 64 su 65 pazienti (98%) è stato ripristinato il sincronismo atrio-ventricolare. In 58 pazienti (89%) la procedura è risultata curativa senza somministrazione di farmaci antiaritmici.
Ad oggi la ‘Maze Procedure’ risulta molto efficace nel ripristinare il normale ritmo sinusale con una percentuale di successo variabile da Centro a Centro tra l’80 ed il 100%.
Si può praticare per accesso “convenzionale”, attraverso sternotomica mediana, soprattutto in caso di altre procedure cardiache associate e comunque in pazienti con anatomia toracica sfavorevole (per es. obesità); in tutti gli altri casi, compatibilmente con una valutazione clinica complessiva e con l’esperienza specifica del Centro, é possibile effettuare la ‘Maze’ per via miniinvasiva, in minitoracotomia destra.
La classificazione per la fibrillazione atriale
In passato si tendeva a distinguere tra fibrillazione atriale parossistica (PAF) e fibrillazione atriale cronica (CAF).
Secondo le più recenti linee guida dell’American College of Cardiology/American Heart Association/European Society of Cardiology (ACC/AHA/ESC) è necessario distinguere innanzitutto un primo episodio isolato di fibrillazione atriale, indicare se la regressione è stata spontanea o indotta, stabilire se il paziente è sintomatico o meno, tenendo presente che può esserci incertezza nel definire la durata dell’episodio stesso e l’eventuale presenza di episodi misconosciuti in passato.
Quando nello stesso paziente si siano accertati 2 o più episodi, la fibrillazione atriale viene considerata ricorrente. In questi casi, qualora via sia il ripristino spontaneo del ritmo sinusale e gli episodi siano di durata inferiore o uguale a 7 giorni, la fibrillazione atriale ricorrente viene designata come parossistica; nel caso in cui gli episodi abbiano durata superiore a 7 giorni e/o il ripristino del ritmo sinusale abbia richiesto un trattamento di cardioversione farmacologica o elettrica, la fibrillazione atriale ricorrente viene designata come persistente. Nei casi in cui la cardioversione elettrica non sia stata tentata o sia stata inefficace e il paziente permanga in fibrillazione atriale, si parla di fibrillazione atriale permanente.
Questa classificazione prende in considerazione tutti gli episodi di fibrillazione atriale di durata superiore a 30 secondi e nei quali non sia riconoscibile una causa reversibile. I casi secondari a condizioni precipitanti quali infarto miocardio acuto, chirurgia cardiaca, miocardite, ipertiroidismo e malattia polmonare acuta vengono considerati separatamente: in questi pazienti il trattamento della patologia di base associato al trattamento dell’episodio di fibrillazione atriale di solito determina la risoluzione dell’aritmia.
La sintomatologia della Fibrillazione Atriale.
I sintomi variano con la frequenza ventricolare, con il sottostante stato funzionale, con la durata della fibrillazione atriale e con la percezione individuale del paziente.
Il disturbo del ritmo può avere come prima manifestazione una complicanza embolica o l’esacerbazione di un’insufficienza cardiaca sottostante.
I sintomi principali che il paziente avverte sono palpitazioni, dolore toracico, dispnea, affaticamento. L’aumentato rilascio di peptide natriuretico atriale può essere associato a poliuria.
La fibrillazione atriale può portare a cardiomiopatia tachicardia-indotta, specialmente in pazienti che non si accorgono di essere affetti da aritmia.
La sincope è un evento raro ma grave, che di solito indica una eccessiva diminuzione della risposta ventricolare, l’associazione di stenosi valvolare aortica o di una cardiomiopatia ipertrofica ostruttiva, un accidente cerebrovascolare o la presenza di una via di conduzione atrio-ventricolare anomala.
Sebbene certamente l’ictus cerebri costituisca la complicanza più temibile della fibrillazione atriale, anche lo stesso disturbo del ritmo è in grado di diminuire la qualità della vita dei pazienti affetti, sia in termini di impedimento funzionale – valutato secondo la classificazione funzionale della New York Heart Association (NYHA) – sia come fastidiosa irregolarità del ritmo cardiaco associata a palpitazioni.
L’utilizzo di una terapia anticoagulante orale, che costringe il paziente a frequenti esami del sangue per regolare la dose di farmaco da assumere, è un altro fattore che ha importanti implicazioni sulla qualità della vita dei pazienti in fibrillazione atriale. Alcuni studi mostrano che di 97 pazienti solo il 61% ha preferito seguire la terapia anticoagulante proposta piuttosto che non assumere la terapia, dunque una percentuale decisamente inferiore a quella per cui il trattamento è raccomandato secondo le linee guida più recenti.
Fibrillazione Atriale – a cura del dott. Stefano Benussi - cardiochiurgo
Fibrillazione Atriale – a cura del dott. Stefano Benussi - cardiochiurgo
La fibrillazione atriale e’ un’aritmia cardiaca caratterizzata da una completa irregolarità dell’attivazione elettrica degli atri, due delle quattro camere cardiache. In presenza di tale anomalia, le normali contrazioni atriali vengono sostituite da movimenti caotici, completamente inefficaci ai fini della propulsione del sangue. Inoltre il battito cardiaco diviene completamente irregolare.
La fibrillazione atriale e’ la piu’ comune fra le aritmie cardiache, con una prevalenza dello 0.5% nella popolazione adulta.
Il rischio di esserne affetti aumenta con l’eta’: la percentuale dei pazienti affetti sale al 5% oltre i 65 anni. Tale aritmia e’ poi piuttosto comune nei pazienti con altre patologie cardiocircolatorie, come l’ipertensione arteriosa, la malattia coronarica, ma soprattutto le malattie valvolari: fra il 30 e l’80% dei pazienti operati per malattia della valvola mitrale giungono all’intervento in fibrillazione atriale.
La fibrillazione atriale puo’ essere cronica, ovvero continua, persistente oppure parossistica, con episodi di durata variabile da pochi secondi ad alcune ore o giorni.
Essa e’ causa di un significativo aumento del rischio di complicazioni cardiovascolari e di una riduzione della sopravvivenza a distanza.
Provoca inoltre una riduzione della tolleranza agli sforzi, causata da un’efficienza subottimale della contrazione del cuore, con sintomi quali palpitazioni, affaticamento e mancanza di fiato. Infine, il ristagno di sangue nelle camere atriali “paralizzate”dall’aritmia, favorisce la formazione di coaguli all’interno del cuore ed il rischio di fenomeni embolici come l’ictus cerebrale. Per questo motivo i pazienti con fibrillazione atriale vengono solitamente trattati con farmaci anticoagulanti.
Per quanto riguarda il trattamento, vi sono due possibili strategie:
1) la cardioversione, o conversione al ritmo cardiaco normale ed
2) il semplice controllo della frequenza cardiaca. Solo la conversione ed il mantenimento di un ritmo normale, anche detto “sinusale”, permettono pero’ di minimizzare i sintomi ed i rischi descritti, oltre a consentire l’interruzione della terapia cronica con farmaci anticoagulanti.
Il mantenimento del ritmo sinusale e’ pero’ molto spesso difficile.
I farmaci antiaritmici deputati a tale scopo sono frequentemente inefficaci e sono spesso causa di effetti collaterali anche piu’ gravi della stessa fibrillazione atriale.
La fibrillazione atriale, e’ una patologia a lungo sottovalutata in passato, della quale si stanno recentemente chiarendo le gravi implicazioni cliniche. Pertanto i moderni sviluppi nel suo trattamento chirurgico e transvenoso sono attualmente motivo di grande interesse per la letteratura scientifica internazionale.
A causa di una generale disinformazione, molti pazienti attualmente non sono a conoscenza della reale importanza del problema, e soprattutto delle moderne possibilita’ terapeutiche.
Recenti sviluppi hanno consentito di trattare la fibrillazione atriale mediante ablazione con radiofrequenza.
Si sono infatti individuate nell’ambito della parete atriale delle zone responsabili dell’inizio e del mantenimento dell’aritmia, in prossimitàdello sbocco negli atri delle grosse vene provenienti dai polmoni. Creando delle bruciature con cateteri a radiofrequenza, tali aree di instabilitàpossono essere neutralizzate.
Con procedure di questo tipo e’ possibile trattare virtualmente ogni paziente affetto da fibrillazione atriale con ottime probabilita’ di successo.
In caso di fibrillazione atriale associata ad una malattia cardiaca di altro tipo si procede ad ablazione dell’aritmia durante l’intervento cardiochirurgico necessario per corregere la cardiopatia di base. In questo modo, oltre ai benefici dell’intervento correttivo a cuore aperto, il paziente potra’ giovarsi anche del recupero del normale ritmo cardiaco e potra’ in molti casi evitare la terapia anticoagulante cronica.
Nel caso in cui invece la fibrillazione atriale sia isolata, non associata ad altre malattie cardiache suscettibili di correzione chirurgica, la procedura piùcomunemente utilizzata équella con ablazioni con radiofrequenza per via transvenosa: il catetere da ablazione con radiofrequenza raggiunge il cuore attraverso il sistema venoso; quindi con una semplice puntura di una vena in regione inguinale si possono eseguire le bruciature sulla superficie interna degli atri.
Esistono anche opzioni chirurgiche per i pazienti con fibrillazione atriale isolata. Esse rientrano sostanzialmente in due categorie:
- ablazione “aperta” con tecnica maze
- ablazione toracoscopica, a torace chiuso